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SPETTACOLI DAL VIVO ecco le nuove semplificazioni 

l Dipartimento di Pubblica Sicurezza ha emanato la circolare n. 15015 del 7 maggio 2024 (in allegato) di chiarimento sulla tematica delle semplificazioni per l’autorizzazione degli spettacoli dal vivo  in deroga al TULPS attualmente valide fino al 31 dicembre 2024 per gli spettacoli dal vivo fino a 2000 spettatori.

La Circolare ritorna sul regime ordinario e semplificato per le attività di pubblico spettacolo, indica i casi di aggiramento e specifica meglio a quali condizioni si applica il regime semplificato autorizzativo con SCIA. Infine, fornisce alcune raccomandazioni di sicurezza in vista della stagione estiva.

In particolare, chiarisce che il regime semplificato SCIA:

  • non si applica alle discoteche e locali di ballo;
  • riguarda eventi la cui durata è compresa fra le 8.00 e l’1.00, non agli eventi che si protraggono per più giorni seppure articolati in spettacoli conclusi ogni giorno entro le ore 1.00 del giorno seguente.

Il D.L. n. 215/23 ha prorogato al 31 dicembre 2024 il regime di semplificazione che regolamenta specifiche tipologie di pubblici intrattenimenti, quali il teatro, la musica, la danza, i musical e le proiezioni cinematografiche, caratterizzate da un massimo di 2.000 partecipanti e da una circoscritta durata dell’evento, precisamente dalle ore 8.00 alle ore 1.00 del giorno seguente.


La circolare della Pubblica Sicurezza chiarisce che la disposizione NON SI APPLICA alle discoteche ed ai locali da ballo. Inoltre il regime di semplificazione è riferito ad un unico evento, la cui durata è compresa nell’arco di tempo indicato dalla norma (dalle ore 8.00 alle ore 1.00 del giorno seguente), mentre sono da escludersi dal campo di applicazione della norma gli eventi che si protraggono per più giorni, seppure articolati in spettacoli conclusi ogni giorno entro le ore 1.00 del giorno seguente.
In questi casi il Sindaco rilascia la licenza di esercizio dopo aver acquisito il parere della Commissione di vigilanza sui Locali di pubblico spettacolo.

 

SCARICA QUI LA CIRCOLARE

 

Sul sito web del governo inglese è stato pubblicato il documento THE BUILDING REGULATIONS 2010. AMENDMENTS TO THE APPROVED DOCUMENTS, che riporta alcune importanti modifiche al Regolamento delle costruzioni: Sicurezza antincendio, relativamente al Volume 1 che riguarda le abitazioni e al Volume 2 che riguarda invece gli edifici diversi dalle abitazioni.


Le modifiche riguardano le disposizioni di sicurezza antincendio relative alla realizzazione di più di una scala comune nei condomini più alti di 18 metri, alla progettazione delle vie di esodo orizzontali e verticali e alla progettazione di ascensori di tipo antincendio per l’evacuazione di emergenza.
Le modifiche al regolamento entreranno in vigore il 30 settembre 2026.

  




14 Maggio 2024,

A cura di Ingegnere G. Basile, M. Antonelli,

Pro Fire – Formazione Professionale Antincendio

direzione@pro-fire.org

 

Musei

 

 

Fare un approfondimento su la valutazione del rischio incendi, l’analisi sull’esodo in edifici tutelati  è un occasione per ribadire che il Professionista Antincendio deve avere consapevolezza che su tutto il territorio il patrimonio culturale e architettonico è talmente vasto, presente  e  utilizzato in diversa tipologia di attività  che sono soggette a Prevenzione Incendi, pertanto si rende necessaria  una adeguata conoscenza di Norme, regole e procedure per garantire la sicurezza degli  occupanti , visitatori , operatori e il bene stesso.

  

Riferimenti normativi e definizioni

  • Codice dei beni culturali e del paesaggio ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137 (Decreto Legislativo 22 Gennaio 2004, n. 42)

Articolo 2 - Patrimonio culturale 

La nozione risulta desumibile dall’art. 2, comma 2, e dagli artt. 10 e 11 del D.Lgs. 42 del 2004.

Sono “beni culturali le cose immobili e mobili che, ai sensi degli artt. 10 e 11, presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico e le altre cose individuate dalla legge quali testimonianze aventi valore di civiltà”.

Ovvero i beni da tramandare alle generazioni future in quanto portatori di valori socialmente riconosciuti .

Apriamo una parentesi per ricordare che esistono due distinti binari per la Tutela di un bene storico.

  • Beni culturali di appartenenza pubblica (art. 12 D.Lgs 42/2004 e s.m.i.) sono sottoposti a tutela ope legis fino ad avvenuta verifica dell’interesse Culturale;
  • Beni di appartenenza privata (art. 13 D.Lgs 42/2004 e s.m.i. ) occorre la dichiarazione di interesse notificata alla proprietà.

E' inoltre opportuno ricordare che generalmente, i beni culturali devono essere opera di autore non più vivente o la loro esecuzione deve risalire ad oltre settanta anni.

  • D.P.R. 1° agosto 2011, n. 151, gli «edifici sottoposti a tutela» inseriti al punto 72 dell’allegato I al decreto.

In particolare, rientrano tra le «attività soggette» (in linea con i precedenti chiarimenti ministeriali) gli «edifici sottoposti a tutela» aperti al pubblico, destinati a contenere biblioteche ed archivi, musei, gallerie, esposizioni e mostre, indipendentemente dalla superficie lorda e dai quantitativi. Precedentemente rientravano tra le «attività soggette» di cui al punto 90 dell’allegato al D.M. 16 febbraio 1982 anche gli edifici pur non pregevoli per arte o storia, ma destinati a contenere comunque oggetti di interesse culturale in esposizione in base a quanto disposto dal D.Lgs 22 gennaio 2004, n. 42.

  • Condizioni di assoggettabilità e alle destinazioni d'uso degli edifici sottoposti a tutela si vedano i chiarimenti forniti con la circolare prot. n. 4756 del 9 aprile 2013.
  • In presenza di attività aperte al pubblico, l'obiettivo della tutela del bene culturale concorre con quello della sicurezza della vita umana sancito dall'art. 13 del D.Lgs. n. 139/2006.

In definitiva perchè un'attività ricada al n.72 del D.P.R. 151/11:

  • deve essere aperta al pubblico;
  • deve essere inserita all'interno di un edificio Tutelato ai sensi del D.Lgs.42/2004;
  • deve essere costituita da biblioteche e archivi, musei, gallerie, esposizioni e mostre oppure da una o più attività elencate nell'allegato I del D.P.R.151/11, e quindi soggette agli obblighi ivi previsti.

Nell’allegato al DM 10 luglio 2020 (regola tecnica verticale sui beni tutelati) è presente la sezione V.10.2 Definizioni che riporta le seguenti definizioni:

  1. Bene tutelato: bene mobile o immobile soggetto alle disposizioni di tutela ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. Nota Nei beni immobili tutelati sono compresi gli eventuali arredi di interesse culturale (es. mobili, tendaggi, rivestimenti, …).
  2. Museo o galleria: struttura permanente che acquisisce, cataloga, conserva, ordina ed espone beni culturali per finalità di educazione e di studio.
  3. Edifici destinati a esposizioni o mostre: edifici destinati permanentemente all’esibizione di manufatti, oggetti, beni mobili ed opere d’arte, al fine di consentirne la fruizione al pubblico.
  4. Biblioteca: struttura permanente che raccoglie, cataloga e conserva un insieme organizzato di libri, materiali e informazioni, comunque editi o pubblicati su qualunque supporto, e ne assicura la consultazione al fine di promuovere la lettura e lo studio.
  5. Archivio: struttura permanente che raccoglie, inventaria e conserva documenti originali d’interesse storico e ne assicura la consultazione per finalità di studio e di ricerca.
  6. Deposito di beni tutelati: locale non aperto al pubblico adibito a contenere beni tutelati. Nota Dal campo di applicazione della presente RTV sono escluse le attività temporanee collocate in opere da costruzione non permanentemente dedicate alle attività di cui al paragrafo V.10.1, per le quali la presente RTV può comunque costituire un utile riferimento.

  

Classificazione in aree di attività

Le aree dell’attività sono classificate come segue:

TA - locali aperti al pubblico dedicati a sale espositive, sala lettura, sala di consultazione e relativi servizi;

TC - aree non aperte al pubblico, adibite ad uffici e servizi, di superficie > 200 m²

TM - depositi aventi superficie lorda > 25 m² e carico di incendio specifico qf > 600 MJ/m²

TK1 - locali ove si detengano o trattino sostanze o miscele pericolose o si effettuino lavorazioni pericolose ai fini dell’incendio o dell’esplosione; locali con carico di incendio specifico qf > 1200 MJ/m²

TK2 - deposito beni tutelati

TO - locali con affollamento > 100 persone

TT - locali in cui siano presenti quantità significative di apparecchiature elettriche ed elettroniche, locali tecnici rilevanti ai fini della sicurezza antincendio

TZ - Altre aree non ricomprese nelle precedenti, anche accessibili al pubblico con particolari condizioni e limitazioni di accesso

Le aree TK1 sono classificate aree a rischio specifico secondo il capitolo V.1.

  

Valutazione del rischio

La valutazione del rischio da RTV.10 risulta demandata ai capitoli G.2 e G.3 del codice di prevenzione incendi. Nel dettaglio si vuole presentare lo studio effettuato dal Comando dei VVF di Siena, San Gimignano, 2018 dove si sono stati individuate le criticità ed i possibili approcci negli edifici storici:

“In passato si sono verificati grandi incendi che poi hanno spesso portato anche ad evoluzioni normative: la mostra di Todi, il Teatro Petruzzelli, La Fenice, la cappella del Guarini, il Castello di Moncalieri solo per citarne alcuni; più di recente la Sacra di San Michele.

Nella quasi totalità dei casi ricordati, così come in molti altri, è stata la presenza di un cantiere ad innescare l’evento. Durante un cantiere vengono spesso svolte lavorazioni di taglio o di saldatura, sono presenti degli impianti elettrici provvisori e in generale questo avviene in parti di edifici ancora aperti al pubblico, nelle quali anche gli impianti di allarme e di spegnimento vengono spesse volte disattivati proprio per la presenza dei lavori stessi.

Si ha inoltre la presenza di materiali, spesso combustibili come pannellature, rivestimenti ecc, concentrati in zone di deposito prima della loro istallazione, sostanze e liquidi, anche infiammabili, per il trattamento dei materiali, per non parlare delle demolizioni e dei relativi materiali di risulta e delle modifiche che derivano per le vie di Esodo; sono tutti i momenti da tenere sotto controllo anche dal punto di vista della Security.”

La metodologia utilizzata nel Codice corrisponde ad un approccio di tipo semi prescrittivo. Il processo inizia attraverso una valutazione del rischio semplificata, definendo le caratteristiche prevalenti delle persone presenti (conoscono/ non conoscono l’ambiente, sono sveglie/addormentate/malate etc..) e della dinamica dell’incendio atteso (lento, medio, veloce, ultraveloce); in base a questi dati viene definito un profilo di rischio che caratterizza l’attività che viene analizzata. Vengono poi, in funzione del profilo di rischio, definite dal Codice una serie di soluzioni conformi che, di fatto, equivalgono a vere e proprie indicazioni prescrittive; svolta la prima analisi semplificata per la valutazione del profilo di rischio il progettista trova una serie di indicazioni prescrittive; la differenza rispetto al metodo tradizionale è che in questo caso il Codice non disegna una unica soluzione, ma un insieme di queste, ricorrendo più a soluzioni che previlegino la protezione passiva (resistenza al fuoco delle strutture etc) o viceversa la protezione attiva (utilizzo di impianti, etc.). In questo modo il progettista si trova a poter disporre di una matrice di scelte semplificate (soluzioni conformi prescrittive) e le probabilità di dover ricorrere ad una più complessa analisi in deroga diminuiscono.

 

Musei 2

 

Parlando della complessità di progettare soluzioni antincendio in un edificio come contenitore/ contenuto di beni tutelati, il rapporto dialettico se non conflittuale tra queste due componenti, risulta particolarmente interessante, perché è proprio la valutazione del rischio incendio il parametro più significativo nella valutazione e nella gestione della compatibilità dell’edificio contenitore con il suo contenuto, ossia le attività, i beni e i sistemi presenti al suo interno. Risulta fondamentale lo studio dello stato di fatto, anche se risulta già essere di particolare complessità; soprattutto in termini di Prevenzione Incendi e di Salute e Sicurezza di tutte le attività presenti all’interno dell’edificio stesso. Il tutto con la finalità di proporre successivamente una serie di strategie di gestione e di interventi sull’edificio, che vanno dalla sicurezza degli occupanti, alla prevenzione incendi, preservando le caratteristiche morfologiche e storiche dell’edificio stesso.

L’obiettivo di questo approccio è quello di non fermarsi alla mera valutazione dei rischi e, quindi, ad una lista della spesa, ma proseguire con una serie di proposte di interventi operativi scalati per costi e per priorità di intervento, da sottoporre successivamente ai gestori dell’edificio.

Le difficoltà principali nell’affrontare un edificio monumentale e tutelato, consiste in particolare nella sua poliedricità ed intensità di utilizzo dove troviamo compresenza di spazi ad uso uffici, archivi, depositi, opere, museo, laboratorio di restauro, attività disgiunte tra di loro ma, nella maggior parte dei casi, sono tutte legate dal sistema delle scale e dei connettivi orizzontali. Risulta quindi di fondamentale importanza fare una valutazione del rischio il più possibile precisa che miri ad un approccio di fattibilità e compatibilità con l’edificio mirato anche all’ottimizzazione dei costi.

 

Condizioni di Rischio identificate

Nel caso della gestione della sicurezza in un ambiente in un edificio tutelato come un complesso museale, ove sono presenti tipologie diverse di ambienti e di rischi (sale espositive, giardini, ristorazione) e dove occorre definire e realizzare misure di prevenzione specifiche per i soggetti che devono essere “tutelati” e precisamente: i dipendenti, i visitatori, gli addetti ai servizi (guardia-sale, pulizie, ecc.) ed il personale delle ditte incaricate degli allestimenti delle mostre. Si individuano diverse condizioni di rischio:

  1. Impianti tecnologici
  2. Cantieri temporanei
  3. Servizi di supporto
  4. Configurazione architettonica degli edifici
  5. Visitatori

Impianti tecnologici

Tutti gli impianti tecnologici al servizio delle strutture (elettrici, climatizzazione, protezioni attive e passive) devono essere compatibili con l’uso cui sono destinati in funzione delle modifiche dello stato di fatto, in relazione alle misure di prevenzione previste oltre che oggetto di costanti e precisi controlli e manutenzioni ordinarie e straordinarie da parte di qualificati professionisti.

Cantieri Temporanei

La presenza di cantieri temporanei, siano essi per adeguamenti strutturali ed impiantistici che di allestimento delle mostre è fonte di rischio in quanto si dovrà prevedere:

  • Valutazione dei rischi congrua affinché si possa procedere ad una identificazione e quantificazione precisa dei rischi interferenti con la conseguente elaborazione delle misure di coordinamento delle procedure di prevenzione;
  • Compatibilità dei materiali ed attrezzature di cantiere nella realtà in cui si deve operare sia per il loro uso sia per la conservazione. Ad es. utilizzo di materiali con un alto indice di infiammabilità, strumentazione non dotata di requisiti di sicurezza, ecc.
  • Mettere a punto le misure di protezione attiva e passive da rendere esecutive a cantiere fermo.

Servizi di supporto

Preso atto che nelle strutture museali operano una serie di persone di supporto quali ad esempio addetti al controllo delle sale, il personale di pulizia, addetti alla ristorazione, è necessario che le procedure e protocolli di sicurezza siano realizzati tenendo conto anche di tali presenze, i quali devono essere, anch’essi, informati-formati sulle corrette procedure operative di sicurezza ed emergenza. Occorre anche in questo caso procedere ad una valutazione dei rischi legati ai materiali ed attrezzature da essi utilizzate e in relazione a ciò stabilire modalità d’uso, eventuali prescrizioni operative oltre a individuare ed assegnare loro locali dedicati ed idonei, per caratteristiche di sicurezza, da adibire a depositi di materiali o di rifiuti.

Configurazione architettonica degli edifici

La valutazione del rischio incendio deve tenere conto delle misure strutturali e delle attività realizzate nel corso degli anni. Conseguentemente le misure di prevenzione devono essere costantemente adeguate anche in relazione all’uso dei locali e dei luoghi in modo diverso da quello di luogo museali. Inoltre, è opportuno procedere ad approfonditi e periodici controlli interni nelle aree e luoghi di supporto quali ad es. sottotetti, ripostigli, depositi; locali questi ultimi, scarsamente controllati, è quindi potenzialmente luoghi in cui possono essere presenti situazioni o elementi di elevata probabilità di rischio.

Visitatori

Il complesso museale deve garantire la sicurezza dei visitatori e quindi definire piani di emergenza e di Primo soccorso idonei ovvero con segnaletica efficace, numero di addetti all’emergenza sufficienti. Di fondamentale importanza è l’addestramento del personale addetto alla gestione delle situazioni di emergenza sia dal punto di vista tecnico (formazione antincendio e PS) ma anche operativo; formazione quest’ultima da fare in campo nel corso di prove di emergenza (con e senza visitatori non simulate).

 

Musei 3

 

Per questa strategia vengono introdotte diverse integrazioni rispetto al Codice P.I., in quanto dalle numerose deroghe presentate in questi anni relativamente a tali aspetti, è risultata evidente la necessità di introdurre semplificazioni normative e soluzioni più flessibili, che proprio lo spirito del Codice permette ed incoraggia. La RTV ad integrazione di quanto previsto dalla RTO per la misura S.4, il par. V.10.5.4 specifica che:

  1. In caso di esodo per fasi (par. S.4.7.2) è ammesso l’utilizzo di scala d’esodo protetta anziché a prova di fumo o esterna, con le seguenti misure antincendio minime:
    1. nell’attività deve essere prevista una gestione della sicurezza (Cap. S.5) con livello di prestazione III;
    2. ciascun piano dell’attività sia inserito in compartimento distinto;
    3. la procedura di esodo per fasi non sia utilizzata per vie di esodo verticali che servono piani a quota inferiore a -5 m

  2. Sono ammesse altezze inferiori a 2 m per le vie di esodo (par. S.4.5.3), a condizione che vengano adottati tutti i seguenti requisiti aggiuntivi:
    1. altezza delle vie di esodo non inferiore a 1,80 m;
    2. la porzione di impianto di illuminazione di sicurezza in corrispondenza delle criticità sia progettato per garantire il doppio dell’illuminamento minimo previsto dalla norma UNI EN 1838 o equivalente;
    3. informazione specifica a tutti gli occupanti.

  3. Nel caso in cui non sia possibile rispettare la costanza dell’alzata o della pedata dei gradini appartenenti alla stessa rampa di scale, devono essere adottati i seguenti requisiti aggiuntivi:
    1. la porzione di impianto di illuminazione di sicurezza in corrispondenza delle criticità sia progettato per garantire il doppio dell’illuminamento minimo previsto dalla norma UNI EN 1838 o equivalente;
    2. informazione specifica a tutti gli occupanti.

  4. Gli infissi, qualora di interesse storico artistico, presenti lungo le vie di esodo, che non possiedono le caratteristiche riportate nella tab. S.4-3, devono essere mantenuti costantemente aperti, durante l’esercizio dell’attività.

  5. È ammessa un’unica via di esodo (es. da ciascun edificio, compartimento, piano, soppalco, locale, …), a condizione che vengano adottate tutte le seguenti misure:
    1. numero degli occupanti dell’ambito servito dall’unica via di esodo non superiore a 100;
    2. sistema di gestione della sicurezza antincendio di livello di prestazione III.

  6. Sono ammesse larghezze delle vie di esodo (Capitolo S.4) orizzontali o verticali inferiori ai valori minimi, e comunque non inferiori a 800 mm, a condizione che vengano adottate tutte le seguenti misure:
    1. nelle vie di esodo verticali, nei passaggi di comunicazione delle vie di esodo orizzontali (corridoi, atri, spazi calmi, filtri …) interessate dal restringimento devono essere impiegati materiali appartenenti al gruppo GM0 o GM1 di reazione al fuoco, fatto salvo quanto previsto al comma 2 del par. V.9.5.1;
    2. la porzione di impianto di illuminazione di sicurezza in corrispondenza delle criticità sia progettato per garantire il doppio dell’illuminamento minimo previsto dalla norma UNI EN 1838 o equivalente;
    3. segnalazione specifica a tutti gli occupanti.

 

Esodo, dall’allarme all’uscita di sicurezza

Per definire un sistema d’esodo efficace, ovvero che permetta alle persone di allontanarsi agevolmente dal luogo in cui si sta verificando un incendio, o comunque una situazione di emergenza, è necessario capire come le persone rispondono in tali circostanze.

Dal momento in cui l’incendio si manifesta la sua sfera d’influenza progressivamente aumenta, accompagnata dall’emissione di prodotti pericolosi che minacciano ambienti sempre più vasti ed i relativi occupanti. In questi casi è il tempo la variabile che nella sua progressione scandisce le diverse modalità di risposta e i comportamenti delle persone prima che si verifichino condizioni incompatibilità con la loro presenza (incendio critico). Nel descrivere queste circostanze è necessario considerare che passerà del tempo prima che l’incendio venga rilevato (tempo di rilevazione), poi dell’altro prima che ogni occupante se ne renda effettivamente conto, riconosca e reagisca all’allarme (tempo di pre-movimento) e dell’altro ancora per raggiungere il luogo sicuro (tempo di percorrenza). In tale sequenza si realizza una continua interazione tra l’uomo, l’edificio e le condizioni ambientali, i cui esiti possono influenzare il raggiungimento del nostro obiettivo: evacuare in sicurezza.

La comunicazione dell’emergenza è un elemento di primaria importanza per attivare una corretta risposta delle persone coinvolte, obiettivo che si può conseguire con un segnale che sia percepibile e comprensibile da ognuna di loro e il cui contenuto informativo sia adeguato alla risposta da attuare. La tempestività rappresenta senza dubbio un importante parametro di valutazione, perché offre la possibilità di intercettare l’emergenza prima che si possano determinare condizioni di incompatibilità ambientale, ma va considerata in sinergia con i seguenti altri fattori:

  • capacità di raggiungere tutte le persone nelle loro collocazioni;
  • modalità di comunicazione multisensoriale in grado di intercettare persone con specifiche necessità (ad esempio persone sorde, cieche o ipovedenti, dislessiche, con deficit cognitivi e altre);
  • contenuto informativo idoneo ad essere interpretato da tutte le persone che lo ricevono (nel caso di persone dislessiche, ad esempio, la modalità di rappresentazione dei contenuti del segnale/messaggio potrebbe non essere associata ad una corretta interpretazione; similmente, ma per motivi diversi, questa condizione potrebbe riguardare il caso di persone con disturbi dello spettro autistico).

Se l’allarme non è riconosciuto come tale, infatti, nessuno se ne preoccuperà, allo stesso modo se venisse usato un solo codice sensoriale alcune persone potrebbero non essere in grado di avvertirlo e, di conseguenza, non attiveranno l’esodo (pensiamo a una sirena che pretende di allertare un gruppo di persone sorde). Infine, potrebbe accadere che il segnale, acustico o visivo che sia, richieda una particolare elaborazione che alcune persone potrebbero non essere in grado di affrontare.

La mobilità e i percorsi dove vengono considerate le azioni direttamente connesse con l’esodo, dall’abbandono del posto in cui ci si trova fino al raggiungimento del luogo sicuro, includendo la percorrenza degli spazi interni (mobilità orizzontale e verticale) ed il transito attraverso le porte di ingresso/uscita dai singoli locali o dall’edificio (uscite di emergenza). Tutte queste componenti devono garantire anche alle persone con disabilità di potersi allontanare in sicurezza e autonomo. A tal proposito, come già evidenziato in premessa, risulta determinante l’interazione tra il loro quadro funzionale e i fattori ambientali presenti, che possono ostacolare o facilitarne l’azione. Un’attenta progettazione dei percorsi risulta fondamentale affinché siano utilizzabili in autonomia anche da persone che utilizzano ausili per la locomozione.

Un altro aspetto riguarda il superamento di dislivelli mediante rampe con pendenza tale da poter essere utilizzate autonomamente da parte di persone in sedia a ruote o altri ausili per il movimento. Su questo aspetto il Codice di prevenzione incendi considera una pendenza del 5% il valore massimo affrontabile autonomamente, tra il 5 e l’8% con l’aiuto di un accompagnatore mentre non ammette pendenze superiori. Inoltre, stabilisce che tali rampe siano interrotte da pianerottoli almeno ogni 10 m di lunghezza e in presenza di accessi o uscite. A tal proposito non va dimenticato che durante l’esodo tali pendenze sono utilizzate prevalentemente in discesa e, pertanto, se eccessive potrebbero diventare pericolose.

 

Esodo

  

In merito alla lunghezza dei percorsi è la velocità con cui si muovono le persone il fattore che li vincola e che varia in funzione delle loro capacità motorie e degli ausili impiegati.

 

 

Gli spazi calmi. Nei casi in cui non è possibile evacuare utilizzando scale o altri dispositivi di raccordo tra i diversi livelli di un edificio la predisposizione di “spazi calmi”, oppure la realizzazione di compartimenti antincendio per rendere possibile la modalità di “esodo orizzontale progressivo”, sono le modalità più idonee per risolvere i problemi. Lo spazio calmo, in particolare, è un presidio da tempo presente nella normativa di prevenzione incendi e come elemento del progetto va pensato e progettato secondo le finalità implicitamente contenute nella sua stessa definizione: “Luogo sicuro temporaneo dove gli occupanti possono attendere assistenza per completare l’esodo verso luogo sicuro” (D.M. 3/8/2015, punto G.1.9.4). Per il suo dimensionamento il decreto stabilisce una superficie di 2,25 m2/persona considerando l’ingombro di una sedia a ruote, ma tale valore dovrà essere coordinato considerando gli spazi di manovra per tale ausilio. Inoltre, dà indicazioni affinché al suo interno siano presenti:

  1. un sistema di comunicazione bidirezionale per permettere agli occupanti di segnalare la loro presenza e richiedere assistenza;
  2. eventuali attrezzature da impiegare per l’assistenza (es. sedia o barella di evacuazione,...);
  3. indicazioni sui comportamenti da tenere in attesa dell’arrivo dell’assistenza.

 

 

L’accessibilità dei dispositivi di sicurezza. Considerando il tema dell’autonomia non sfuggono alcune condizioni connesse con l’accessibilità dei dispositivi di sicurezza, come ad esempio quelli per l’apertura delle porte (i cosiddetti maniglioni antipanico), i pulsanti di allarme e simili, la corretta collocazione degli estintori affinché possano essere utilizzati da tutte le persone presenti.

 

Piano di limitazione dei danni

La V10 e la V12 introducono una significativa innovazione, che per la prima volta prende in considerazione l’importanza delle collezioni contenute nei musei, esposizioni, gallerie, biblioteche, (anche se deriva sostanzialmente dalla Linea Guida della Valutazione dei Progetti di edifici sottoposti a Tutela  pubblicata con Lettera circolare M.I. 3181 del 15/03/2016 “Valutazione in deroga dei progetti di edifici sottoposti a tutela [ … ] ad esclusione di Musei, Gallerie,esposizioni, Biblioteche ed Archivi” concordata con il MIBACT, che pur essendo uno strumento completo con soluzioni alternative di carattere gestionale, presentava complessità che ne hanno condizionato l'uso da parte dei progettisti, inoltre la V12 consente l'utilizzo di soluzioni alternative senza riccorrere all'istituto della Deroga) 

Al punto V.10.5.5.1 vengono esplicitati in modo piuttosto chiaro almeno i punti principali del Piano di Limitazione dei danni, che deve essere predisposto dal titolare dell'attività( che si farà coadiuvare da un esperto del settore) e deve contenere le misure e le procedure per la salvaguardia dell'edificio e dei beni in esso contenuti e deve indicare:

  • i soggetti, adeguatamente formati, incaricati dell’attuazione delle procedure in esso contenute;
  • la distribuzione qualitativa e quantitativa dei beni tutelati presenti;
  • le procedure di allontanamento dei beni dettagliando, ove possibile, anche le priorità di evacuazione specifici provvedimenti per la rimozione e il trasporto presso i luoghi di ricovero;
  • gli eventuali luoghi di ricovero dei beni rimossi in caso di emergenza, con particolare riferimento alle condizioni di sicurezza e di conservazione degli stessi;
  • le procedure per la protezione in loco dei beni inamovibili o difficilmente spostabili;

Nota: Ad esempio: copertura con materiali di protezione, puntellamenti, riadesioni di parti staccate, barriere contro schegge … 

  • le eventuali restrizioni nell’utilizzo di sostanze estinguenti. Nota: Ad esempio: zone in cui è necessario evitare o limitare l’uso di acqua per minimizzare i danni ai beni tutelati in esso contenuti …

Un’importante estensione del piano di limitazione dei danni potrebbe essere quello di collegare le procedure con l’intervento dei soccorsi, ed in particolare dei VV.F.

 

 

 

Riferimenti Bibliografici/ Sito-grafici:

    • La salvaguardia del patrimonio culturale e la sicurezza antincendio. Criticità e opportunità. Atti del convegno San Gimignano, 13 aprile 2018, curatore Luca Nassi.
    • Prevenzione incendi: cosa prevede la nuova RTV 10 specifica per gli edifici tutelati, AntincendioSicurezza | NAMIRIAL SPA, Pietro Monaco, 30 settembre 2020.
    • Progettazione della misura esodo, INAIL, Raffaele Sabatino, Mara Lombardi, Davide Berardi, Andrea Michetti, Nicolò Sciarretta, Piergiacomo Cancelliere, Emanuele Gissi, Antonio Maggi, Andrea Marino, Marco Di Felice, Alfredo Amico, Martina Bellomia, Vincenzo Cascioli, Filippo Cosi, 2020.
    • RTV. 10, D.M. 10 Luglio 2020 RTV 10 Edifici storici
    • Codice di prevenzione incendi, DM 3 agosto 2015.
    • Il Codice dei Beni Culturali, il D.Lgs.42/2004.

Le disposizioni di sicurezza antincendio sull’installazione di impianti fotovoltaici stabiliscono le modalità di scelta della classe di reazione al fuoco dei pannelli in relazione al tipo di supporto presente sulla copertura del fabbricato.

La circolare del Dipartimento dei Vigili del fuoco n. 6334/2012 stabilisce che, in alternativa, è possibile effettuare una valutazione del rischio di incendio ad hoc finalizzata al raggiungimento degli obiettivi del Regolamento europeo UE 305/2011.


Per questa finalità, un utile approfondimento sul comportamento al fuoco di insiemi costituiti da pannelli fotovoltaici, accoppiati ad uno specifico strato di copertura di tetti, è rappresentato dalla norma CEI TS 82-89: RISCHIO D'INCENDIO NEI SISTEMI FOTOVOLTAICI - COMPORTAMENTO ALL’INCENDIO DEI MODULI FOTOVOLTAICI INSTALLATI SU COPERTURE DI EDIFICI: PROTOCOLLI DI PROVA E CRITERI DI CLASSIFICAZIONE, pubblicata sul sito del Comitato Elettrotecnico Italiano. Lo standard descrive alcuni protocolli di prova e dei relativi criteri per la classificazione del comportamento all’incendio di moduli fotovoltaici applicati su diverse tipologie di tetto, definiti tetti FV.


Dalle analisi effettuate per la valutazione del comportamento all’incendio, assumano una rilevante importanza alcune particolarità e caratteristiche dei moduli fotovoltaici quali il collante (incapsulante) utilizzato per fissare i diversi strati che compongono il modulo FV, lo strato polimerico posto a chiusura del modulo (backsheet, lato copertura edificio), l’inclinazione dei moduli, gli inneschi particolarmente aggressivi quale la fiamma iniziale di potenza, di dimensioni e durata rilevante, la presenza di ventilazione, il tipo di copertura sottostante al modulo, ad esempio, con membrane impermeabilizzanti e/o strati di isolamento termico e la distanza tra modulo e copertura.

  




17 Aprile 2024,

A cura di Ingegnere G. Basile, M. Antonelli,

Pro Fire – Formazione Professionale Antincendio

direzione@pro-fire.org

 

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Con l’entrata in vigore del Codice unitamente alle revisioni e integrazioni, abbiamo apprezzato le potenzialità di questo strumento innovativo per la modalità di riduzione dei pericoli in materia di prevenzione Incendi.

Tantissime le attività che hanno ottenuto vantaggi evidenti da subito,  ma  la RTO per le strutture sanitare  rappresenta  un momento di  svolta sostanziale in relazione alla valutazione del rischio; avere la possibilità  di diversificare R.Vita per singolo compartimento ha rappresentato e rappresenta  per il progettista il  modo più adeguato e idoneo  per una valutazione del rischio.

Il principio di proporzionalità, per ogni categoria prevede procedure differenziate, più semplici delle precedenti, in particolare per le attività di cat.A/B.

Le regole tecniche verticali  RTV sono disposizioni applicabili ad una specifica tipologia di attività, servono a caratterizzarla meglio fornendo specifiche indicazioni rispetto a quanto gia indicato nel Codice, ricordando l’obbligo dell’applicazione dell’intera RTO prima della RTV parte integrante del Codice.

DM 29 marzo 2021 – RTV 11 Strutture sanitarie Rev. 1 ha come obbiettivi

  • Implementare le misure di sicurezza antincendi per la continuità dei servizi sanitari;
  • Individuare le misure necessarie all’insediamento delle strutture sanitarie ambulatoriali (8 SC) nei centri commerciali;
  • Individuare le misure di sicurezza autonome rispetto alla RTV V8;
  • Prevedere misure distinte per le strutture:
  1. SA Ricovero Ospedaliero
  2. SB regime residenziale
  3. SC ambulatoriali
  • Determinare le misure di sicurezza per le Case di Riposo per le prestazioni erogate in regime abitualmente in SB o meno frequentemente in SA.

  

Riferimenti normativi e definizioni

  1. DM 18 settembre 2002 Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la costruzione e l’esercizio delle strutture sanitarie pubbliche e private.
  1. Modifiche introdotte dal D.M. 19 marzo 2015 «Aggiornamento della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la costruzione e l’esercizio delle strutture sanitarie pubbliche e private di cui al decreto 18/9/2002», dal M. 15 settembre 2005«Regola tecnica di prevenzione incendi per i vani degli impianti di sollevamento ubicati nelle attività soggette ai controlli di prevenzione incendi» e da vari chiarimenti e commenti.
  1. DM 29/03/2021 integrazione della sezione V del Codice di Prevenzione Incendi (DM 03/08/2015) con la nuova Regola Tecnica Capitolo V.11 “Strutture Sanitarie” entrata in vigore il 9 maggio u.s.
  1. L’art. 3, comma 2 del D.M. 29 marzo 2021 ha stabilito che rientrano nel campo di applicazione del codice le attività indicate al n. 68 dell’allegato I del D.P.R. 1° agosto 2011, n.151
  2. DM 3 agosto 2015, Codice di prevenzione incendi.

  

Campo di applicazione

  • Dm 18 settembre 2002:

art 1. Il presente decreto ha per scopo l’emanazione di disposizioni di prevenzione incendi riguardanti la progettazione, la costruzione e l’esercizio delle strutture sanitarie di seguito elencate e classificate sulla base di quanto riportato all’art. 4 del decreto dei Presidente della Repubblica 14 gennaio 1997 (supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 42 del 20 febbraio 1997) in relazione alla tipologia delle prestazioni erogate: a) strutture che erogano prestazioni in regime di ricovero ospedaliero a ciclo continuativo e/o diurno;

  1. b) strutture che erogano prestazioni in regime residenziale a ciclo continuativo e/o diurno;
  2. c) strutture che erogano prestazioni di assistenza specialistica in regime ambulatoriale, ivi comprese quelle riabilitative, di diagnostica strumentale e di laboratorio.
  • V. 11 del DM 03/08/2015:
  1. Strutture sanitarie che erogano prestazioni in regime di ricovero ospedaliero o residenziale a ciclo continuativo o diurno;
  2. Residenze sanitarie assistenziali (RSA) con oltre 25 posti letto;
  3. Strutture sanitarie che erogano prestazioni di assistenza specialistica in regime ambulatoriale, ivi comprese quelle riabilitative, di diagnostica strumentale e di laboratorio, di superficie complessiva (intesa come superficie lorda della struttura comprensiva di servizi e depositi funzionali alla struttura stessa) superiore a 500 m2;
  4. Le strutture con meno di 25 posti letto, invece, devono fare riferimento alle disposizioni della regola tecnica orizzontale D.M. del 3 agosto 2015.

  

Termini di adeguamento e proroghe

La legge di conversione 24 febbraio 2023 (disposizioni urgenti in materia legislativa) con il DL 29 dicembre 2022, n. 198, hanno prorogato di tre anni gli adeguamenti previsti precedentemente per le strutture sanitarie (DM 19 marzo 2015) per le strutture con un ciclo continuativo, che hanno aderito al piano antincendio di adeguamento del 2015 e che per cause legate al COVID, non hanno potuto concludere i lavori. Il D.M. 20 febbraio 2020 , «Proroga delle scadenze in materia di prevenzione incendi per le strutture sanitarie, previste dal decreto del Ministro dell’interno del 19 marzo 2015» ha spostato di un anno i termini di adeguamento per le strutture sanitarie (comprese le strutture che erogano prestazioni di assistenza specialistica in regime ambulatoriale) previsti dal D.M. 19 marzo 2015.

La problematica del mancato adeguamento è stata affrontata dalla legge 8 novembre 2012, n° 189 (cd. «legge Balduzzi») di conversione del DL 13/9/2012, n° 158, la quale all’articolo 6 comma 2 ha previsto:

  • La definizione di requisiti di sicurezza antincendio con scadenze differenziate, prevedendo semplificazioni e soluzioni di minor costo a parità di sicurezza.
  • Una specifica disciplina per le strutture esistenti al 27 dicembre 2002 che non hanno completato l’adeguamento e per le altre strutture sanitarie individuate nell’allegato I al DPR n° 151/2011.

E’ stato emanato il D.M. 19 marzo 2015, che ha modificato e aggiornato le disposizioni di prevenzione incendi per le strutture sanitarie sulla base dei criteri e principi contenuti nell’articolo 6, comma 2 del decreto sopracitato. Nella cronologia degli interventi di adeguamento sono privilegiati minori interventi di protezione passiva compensati da maggiori misure gestionali e di protezione attiva.

 

Modalità di adeguamento 

L’adeguamento delle strutture ospedaliere e delle strutture ambulatoriali deve avvenire secondo scadenze temporali stabilite. Per ogni scadenza di adeguamento deve essere presentata la SCIA parziale, inerente al rispetto delle prescrizioni di sicurezza previste per la relativa scadenza. Durante il periodo di adeguamento la compensazione del rischio residuo è garantita dal rispetto di una serie di adempimenti di carattere gestionale.

 

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Definizione degli strumenti

In generale, le terminologie in tema antincendio sono specificate nel D.M. 3 agosto 2015, Testo Unico di prevenzione incendi (RTO). La RTV strutture sanitarie include, tuttavia, un paio di definizioni specifiche, per identificare correttamente due tipologie di apparecchiature. Si tratta di:

  • apparecchiatura ad alta energia di tipo ionizzante, ovvero quella in grado di accelerare particelle ad energia superiore a 10 MeV e caratterizzata da possibile presenza di radioattività nei pressi della macchina, anche dopo lo spegnimento (es. ciclotroni per la produzione di radiofarmaci, betatroni, ecc.);
  • apparecchiatura ad elevata tecnologia, ovvero quella in grado di accelerare particelle ad energia non superiore a 10 MeV (che esclude a priori la presenza di radioattività nei pressi dell’apparecchiatura stessa) e macchine magnetiche che non producono radiazioni ionizzanti (es. risonanza magnetica, tomografia computerizzata, ecc.). 

  

Classificazione in aree di attività

Per una valutazione del rischio incendio adeguata, il decreto definisce la classificazione delle strutture sanitarie e le molteplici aree di attività. La nuova RTV sulle strutture sanitarie classifica queste ultime in base a tre parametri, ovvero tipologia delle prestazioni erogate, quota di tutti i piani e numero di posti letto. Un’ulteriore classificazione viene indicata, poi, per le aree di attività, nel dettaglio.

Classificazione delle strutture sanitarie in SA, SB e SC, a seconda della tipologia di prestazioni erogate, ovvero:

  • SA: attività che erogano prestazioni in regime di ricovero ospedaliero a ciclo continuativo o diurno;
  • SB: attività che erogano prestazioni in regime residenziale, a ciclo continuativo o diurno;
  • SC: attività che erogano prestazioni di assistenza specialistica in regime ambulatoriale, comprese quelle riabilitative, di diagnostica strumentale e di laboratorio.

 

Quota di tutti i piani

Classificazione delle strutture sanitarie in relazione alla quota di tutti i piani, che viene considerata secondo un termine h ricompreso tra diversi valori:

  • HA: -1 m < h ≤ 12 m;
  • HB: -5 m < h ≤ 24 m;
  • HC: -10 m < h ≤ 32 m;
  • HD: -15 m < h ≤ 54 m;
  • HE: non ricomprese nelle precedenti.

 

Numero di posti letto

Classificazione delle strutture sanitarie in base al numero di posti letto, secondo 5 suddivisioni:

  • PA: oltre 25 posti letto, fino a un massimo di 50;
  • PB: oltre 50 posti letto, fino a un massimo di 100;
  • PC: oltre 100 posti letto, fino a un massimo di 500;
  • PD: oltre 500 posti letto, fino a un massimo di 1000;
  • PE: oltre 1000 posti letto.

 

Classificazione per aree di attività

Le aree delle strutture sanitarie sono classificate in 7 tipologie principali (sebbene siano poi previste a loro volta delle ulteriori suddivisioni specifiche per la maggior parte di esse). Si tratta di:

  • TA: aree destinate a ricovero in regime ospedaliero o residenziale e aree adibite a unità speciali;
  • TB: aree destinate a prestazioni medico-sanitarie di tipo ambulatoriale, ove non è previsto il ricovero;
  • TK: aree a rischio specifico (non presidiate, presidiate o destinate a deposito e ricarica di gas medicinali e gas tecnici di laboratorio);
  • TM: depositi inseriti nella stessa opera da costruzione dell’attività sanitaria;
  • TT1: locali in cui sono presenti quantità significative di apparecchiature elettriche ed elettroniche o locali tecnici rilevanti ai fini della sicurezza antincendio (es. CED, sala server, cabine elettriche);
  • TT2: aree destinate alla ricarica di accumulatori elettrici di trazione o stazionari;
  • TZ: altre aree.

 

Valutazione del rischio e strategia antincendio

La valutazione del rischio incendio e la progettazione della sicurezza antincendio devono essere attuate seguendo la metodologia presente al capitolo G.2 della regola tecnica orizzontale. D’altra parte, la RTV riporta comunque una tabella con alcune indicazioni, non esaustive, del profilo di rischio Rvita per alcune aree delle attività sanitarie. Il progettista può scegliere, comunque, dei valori diversi da quelli proposti, a patto di indicare le motivazioni della sua scelta.

Anche per quanto riguarda la strategia antincendio devono essere applicate tutte le misure antincendio della regola tecnica orizzontale. Tuttavia, la RTV strutture sanitarie presenta anche una serie di paragrafi con indicazioni complementari o sostitutive rispetto a quanto previsto nella RTO.  Tali dettagli vengono specificati nell’allegato I e riguardano i seguenti punti:

  • resistenza al fuoco;
  • compartimentazione;
  • esodo;
  • gestione della sicurezza antincendio; 
  • controllo dell'incendio;
  • rivelazione e allarme;
  • controllo di fumi e calore;
  • operatività antincendio;
  • sicurezza impianti tecnologici e di servizio;
  • altre indicazioni (ad esempio per quanto riguarda bombole di gas medicali o tecnici, sostanze infiammabili per esigenze igienico sanitarie, ecc.).

 

 

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Esempi ed Analisi

Dal dato generale passiamo ora ad un’analisi effettuata tra il 2007 - 2009, sempre dal Corpo dei Vigili del Fuoco, sulle principali cause di incendio negli ospedali: A quanto riscontrato in generale, si evidenziano altre cause di incendio, quali presenza di liquidi infiammabili, Ossigeno, gas anestetici, ma anche una casistica non trascurabile di incendi nelle cucine e di incendi dolosi. Alcuni esempi con conseguenze disastrose sono riportati qui di seguito:

  1. Istituto ortopedico Galeazzi Milano - 31 ottobre 1997 Camera iperbarica: presenti 10 pazienti ed 1 infermiere Vittime: 11 persone (tutti i presenti all’interno della camera iperbarica) Origine: un paziente che ha introdotto uno scaldino per le mani;

Carenze riscontrate: l’impianto di spegnimento automatico posto all’interno della camera iperbarica privo di alimentazione idrica, assenza del tecnico preposto alla consolle di controllo, anomalie nella concentrazione ossigeno e pressione interna dovute a malfunzionamento impianto di regolazione, inadeguata formazione dei pazienti, superficiale ispezione sui pazienti prima dell’ingresso nella camera iperbarica.

  1. Residenza sanitaria psichiatrica di San Gregorio Magno (Sa) - 16 dicembre 2001 Presidio di 32 posti letto (presenti 28 pazienti e 3 infermieri) Vittime: 19 Origine: nel locale infermiere a mezzanotte circa per probabile sovraccarico elettrico.

 

Carenze riscontrate: presenza di materiale altamente combustibile (vetroresina, linoleum, arredi), Fonte: Comando Provinciale Vigili del Fuoco di Torino idranti dislocati lungo il perimetro della struttura privi di alimentazione idrica, mancato utilizzo di telefono fisso per segnalazione e assenza di segnale per cellulari, Vigili del Fuoco a 40 km, nessun allarme efficace (le vittime forse sotto sedativi furono trovate nei propri letti o nelle vicinanze), mancanza di certificato di prevenzione incendi.

  1. Ospedale di Calcutta (India) - 16 dicembre 2011 Presidio: 160 persone presenti tra personale e pazienti Vittime: 93 Origine: deposito di materiale combustibile nei sotterranei

 

Carenze riscontrate: scoppiato per cause ancora da accertare alle 3 del mattino ora locale, è partito dai sotterranei dell’ospedale e si è propagato rapidamente verso i piani superiori dell’edificio; privo di impianto di rivelazione, accumulo di materiale combustibile.

 

Condizioni al contorno

La sicurezza antincendio delle strutture ospedaliere è condizionata da particolari fattori caratteristici di questa tipologia di attività, quali:

  1. Configurazione architettonica degli edifici:
  • Edifici nuovi ed edifici storici;
  • Area degenze diversificate in base al servizio erogato, costituiti essenzialmente da: corridoi, camere di degenza convenzionate o a pagamento, soggiorni, sale di medicazione, studi medici, aree diagnosi e terapia, depositi temporanei di reparto, servizi igienici, cucina;
  • Area degenze day hospital o day surgery;
  • Aree attività specialistiche: sala operatoria, pronto soccorso, unità diagnostiche (TAC, PET, radiologia, risonanza magnetica nucleare, ecc.);
  • Aree ambulatori: sale di attesa, servizio cassa, corridoi, sale diagnosi, terapia o prelievi, studi medici;
  • Aree servizi sanitari: impianti termici (riscaldamento e raffreddamento), impianti distribuzione gas medicali, lavanderia, guardaroba, sterilizzazione, farmacia, obitorio, preparazione chemioterapici-antiblastici, laboratori di analisi, smaltimento rifiuti, palestre, piscina,
  • Aree servizi non sanitari: bar, negozi, cucine, aree ristorante e/o mensa, chiesa, ostelli o servizi di ricovero parenti, aule di docenza, biblioteche, archivi, centro informatico, guardiania, centralino, uffici amministrativi, saloni, centri congressi.
  1. La presenza di fattori di rischio tecnologico:
  1. Impianti alimentati a gas combustibili;
  2. Impianti distribuzione gas medicali;
  3. Camera iperbarica;
  4. Attrezzature ad alta energia (TAC, PET, RMN);
  5. Sorgenti di radiazioni ionizzanti di tipo sigillato o di tipo liquido;
  1. Diverse tipologie di persone presenti:
  1. Personale dipendente;
  2. Personale di ditte esterne;
  3. Religiosi o volontari;
  4. Docenti e studenti o specializzandi;
  5. Visitatori e parenti;
  6. Informatori scientifici;
  7. Ciclo lavorativo continuo.
  1. Condizioni psico fisiche dei degenti:
  1. Pazienti collaboranti;
  2. Pazienti poco collaboranti (allettati o con deficit a deambulare);
  3. Pazienti in alcun modo collaboranti (ad esempio terapia intensiva);
  4. Pazienti con disabilità psichiche;
  5. Pazienti da gestire (bambini).

 

Visti gli innumerevoli fattori da gestire in condizioni normali ed a maggior ragione in caso di emergenza, il Datore di Lavoro di una struttura ospedaliera dovrebbe in primo luogo prevenire l’insorgenza di qualsiasi tipo di emergenza, poi installare e mantenere efficienti efficaci misure di protezione ed infine pianificare ed attuare misure di gestione delle emergenze.

Risulta quindi evidente che in una struttura ospedaliere, ove i piani di evacuazione e messa in sicurezza della struttura sono difficili, la prevenzione è il principale e fondamentale strumento per salvaguardare la sicurezza delle persone, delle strutture, delle apparecchiature e per poter garantire un servizio medico diagnostico alla popolazione.

 

SLIDER COMUNICAZIONI

 

Il contributo della corretta GSA

La prevenzione può considerarsi in generale come un complesso dinamico di misure organizzative, gestionali, conoscitive e di vigilanza, teso a limitare la probabilità che l’evento si verifichi. A tale obbiettivo è indispensabile, oltre ad una corretta progettazione delle strutture, all’acquisto di macchine e materiali adeguati, la partecipazione consapevole dei lavoratori, ed in particolare:

  1. la conoscenza delle attività lavorative costituenti l’azienda e dei processi relativi;
  2. la conoscenza delle caratteristiche del macchinario eventualmente impiegato;
  3. la conoscenza del grado di rischio d’incendio (basso, medio, elevato) e della classe di incendio possibile (A,B,C,D);
  4. la conoscenza dell’edificio sede dell’azienda e delle misure di protezione attiva e passiva adottate;
  5. la conoscenza, l’individualità e la raggiungibilità dei componenti la squadra di emergenza;
  6. la conoscenza dei comportamenti corretti nei procedimenti di lavoro;
  7. la conoscenza dei comportamenti corretti in caso di emergenza;
  8. l’esercitazione periodica atta a fronteggiare, in circostanze simulate, situazioni di emergenza e di evacuazione dell’edificio.

L’art. 1 del suddetto decreto (Regola Tecnica) si applica alle strutture sanitarie pubbliche e private che, ai sensi dell’art. 4 del D.P.R. 14/01/97, sono così classificate in relazione alla tipologia di prestazioni erogate:

  1. strutture che erogano prestazioni in regime di ricovero ospedaliero a ciclo continuativo e/o diurno (comprese le attività di day hospital e day surgery);
  2. strutture che erogano prestazioni in regime residenziale a ciclo continuativo e/o diurno, quali:
    1. presidi di riabilitazione funzionale dei soggetti portatori di disabilità fisiche, psichiche e sensoriali;
    2. presidi di tutela della salute mentale: centro diurno psichiatrico e day hospital psichiatrico;
  • III. presidi di tutela della salute mentale: struttura residenziale psichiatrica, strutture di riabilitazione e strutture educativo assistenziali per i tossicodipendenti;
  1. residenze sanitarie assistenziali (R.S.A.);
  1. strutture che erogano prestazioni di assistenza specialistica in regime ambulatoriale, comprese quelle riabilitative, di diagnostica strumentale e di laboratorio, quali:
    1. assistenza specialistica ambulatoriale;
    2. servizi di medicina di laboratorio;
  • III. attività di diagnostica per immagini;
  1. presidi ambulatoriali di recupero e rieducazione funzionale;
  2. centri ambulatoriali di riabilitazione;
  3. centro di salute mentale;
  • VII. consultorio familiare;
  • VIII. presidi ambulatoriali per il trattamento dei tossicodipendenti.

 

RIFERIMENTI NORMATIVI IN PARALLELO

  1. D.P.R. 1 agosto 2011, n. 151: “Regolamento recante semplificazione della disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione degli incendi, a norma dell’articolo 49, comma 4-quater , del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122”.
  1. D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106: “Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro”.
  • III. D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 e s.m.i.: “Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro - Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123”.
  1. D.M. 18 settembre 2002: “Regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, costruzione ed esercizio di strutture sanitarie pubbliche e private.
  1. Circolare Min. Interno 1 marzo 2002, n. 4: “Linee guida per la valutazione della sicurezza antincendio nei luoghi di lavoro ove siano presenti persone disabili”.
  1. D.M. 16 gennaio 2001: “Periodicità verifiche e revisioni di bombole, tubi, fusti a pressione, incastellature di bombole e recipienti a pressione”.
  • D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 93: “Attuazione della direttiva 97/23/CE in materia di attrezzature a pressione”.
  • D.M.I. 4 maggio 1998: “Disposizioni relative alle modalità di presentazione ed al contenuto delle domande per l’avvio dei procedimenti di prevenzione incendi, nonché all’uniformità dei connessi servizi resi dai comandi provinciali dei vigili del fuoco”.
  1. D.P.R. 12 gennaio 1998, n. 37: “Regolamento recante disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione incendi, a norma dell’art. 20, comma 8, della legge 15 marzo 1997, n. 59.”
  1. D.M. 10 marzo 1998: “Criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione dell’emergenza nei luoghi di lavoro”.
  1. D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626: “Attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE e 90/679/CEE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro”.
  • D.Lgs. 14 agosto 1996, n. 493: “Attuazione della direttiva 92/58/CEE concernente le prescrizioni minime per la segnaletica di sicurezza e/o di salute sul luogo di lavoro”.
  • Lettera/circolare Min. Interno 22 ottobre 2001, NS 7014/4101: “Resistenza al fuoco delle porte taglia fuoco” - D.M. 14 dicembre 1993, art. 6. 21 ANTINCENDIO D.M. 16 febbraio 1982: “Modificazioni al decreto ministeriale 27 settembre 1965, concernente la determinazione delle attività soggette alle visite di prevenzione incendi”.
  • NORME UNI EN 15004 - 1: “Installazioni fisse antincendio - Sistemi a estinguenti gassosi - Parte 1: Progettazione, installazione e manutenzione”
  1. UNI CEN/TS 14816: “Installazioni fisse antincendio - sistemi spray ad acqua - progettazione, installazione e manutenzione”
  • UNI 12845: “Installazioni fisse antincendio - sistemi automatici a sprinkler - progettazione, installazione e manutenzione”
  • UNI 11224: “Controllo iniziale e manutenzione dei sistemi di rivelazione incendi”
  • UNI 10779: “Impianti di estinzione incendi - Reti di idranti - Progettazione, installazione ed esercizio”
  • UNI 10365: “Apparecchiature antincendio - dispositivi di azionamento di sicurezza per serrande tagliafuoco - prescrizioni”
  1. UNI 9994: “Apparecchiature per estinzione incendi; estintori d’incendio; manutenzione” UNI 9795: “Sistemi Fissi Automatici di Rivelazione e di Segnalazione Allarme d’Incendio Progettazione, Installazione ed Esercizio”
  • UNI 9494: “Evacuatori di fumo e calore - caratteristiche, dimensionamento e prove”
  • UNI EN 1866-1:2007: “Estintori d’incendio carrellati - Parte 1: caratteristiche, prestazioni e metodi di prova”
  • UNI EN 671-3: “Sistemi fissi di estinzione incendi - sistemi equipaggiati con tubazioni - Parte 3 manutenzione dei naspi antincendio con tubazioni semirigide e idranti a muro con tubazioni flessibili”
  • UNI EN 54: “Sistemi di rivelazione e di segnalazione d’incendio”
  • UNI EN 3: “Estintori d’incendio portatili - Parte 7: Caratteristiche, requisiti di prestazione e metodi di prova”

 

 

Riferimenti Bibliografici/ Sito-grafici:

  • Testo coordinato del DM 18 settembre 2002 Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la costruzione e l’esercizio delle strutture sanitarie pubbliche e private.
  • P. Mirabelli, S. Marsella: “Progettare ospedali di qualità ecco il modello che arriva da Londra” - Antincendio, ed. aprile 2001.
  • L. Biscardi, V. Bonometti: “La sicurezza antincendio e la gestione dell’emergenza nelle strutture sanitarie” - Ed. EPC 2003.
  • A. Mazza: “La corretta installazione di porte resistenti al fuoco” - Rivista vigili del Fuoco - maggio 2004 - pag. 49-.51 Corpo Nazionale Vigili Del Fuoco - ANNUARIO STATISTICO - Anno 2007.
  • L. Capobianco: “Il rischio incendio nelle strutture sanitarie” - www2.aress.piemonte.it/.../80-dalla-sicurezza-delle-cure-alle-cure-in-sicurezza.html (04/01/2012).

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FSE – FIRE SAFETY ENGINEERING

20 Marzo 2024,

A cura di Ing. A. La Malfa, Ing. G. Basile, M. Antonelli

Pro Fire – Formazione Professionale Antincendio

direzione@pro-fire.org

Immagine che contiene vigile del fuoco, vestiti, fuoco, abbigliamento da lavoro  Descrizione generata automaticamente

 

La Fire Safety Engineering è definita come:

“Applicazione di principi ingegneristici, di regole e di giudizi esperti basati sulla valutazione scientifica del fenomeno della combustione, degli effetti dell'incendio e del comportamento umano, finalizzati alla tutela della vita umana, alla protezione dei beni e dell'ambiente, alla quantificazione dei rischi di incendio e dei relativi effetti ed alla valutazione analitica delle misure antincendio ottimali, necessarie a limitare entro livelli prestabiliti le conseguenze dell'incendio.”

[ISO/TR 13387]

 

Riferimenti normativi e definizioni

  • ISO 23932:2009, FSE – General principles.
  • ISO/TR 13387-1:1999 FSE – Part 1: Application of fire performance concepts to design objectives.
  • BS 7974:2001 Application of FSE principles to the design of buildings – Code of practice.
  • BS PD 7974-0:2002 Application of FSE principles to the design of buildings – Part 0: Guide to design framework and FSE procedures.
  • SFPE Engineering Guide to Performance-Based Fire Protection, 2nd ed.,2007.
  • Lett. circ. prot. n. 4921 del 17/7/2007: Direttive per l’attuazione dell’approccio ingegneristico

- Primi indirizzi applicativi.

  • Lett. Circ. prot. n. DCPST/427 del 31/3/2008: Approccio ingegneristico - Trasmissione linee guida per l’approvazione dei progetti e della scheda rilevamento dati.
  • DM 9 maggio 2007, Direttive per l'attuazione dell'approccio ingegneristico alla sicurezza antincendio. (GU Serie Generale n.117 del 22-05-2007).
  • Sezione M (M1, M2, M3) del Codice di Prevenzione Incendi DM 3 Agosto 2015.

Nello specifico:

DM 9 Maggio 2007 e Codice di Prevenzione Incendi

In Italia la metodologia prestazionale è stata intro-dotta con il D.M. 9 maggio 2007 “Direttive per l’attuazione dell’approccio ingegneristico alla sicurezza antincendio”, in vigore dal 20/8/2007.

Il Decreto è formato da N°8 articoli che stabiliscono le procedure per l’approccio ingegneristico alla sicurezza antincendio:

art. 1: Oggetto; art. 2: Campo di applicazione; art. 3: Domanda di parere di conformità̀  sul progetto; art. 4: Domanda di deroga; art. 5: Dichiarazione di inizio attività̀ ; art. 6: Sistema di gestione della sicurezza antincendio; art. 7: Osservatorio per l’approccio ingegneristico; art. 8: Disposizioni finali.

E un allegato tecnico suddiviso in 5 punti che indicano il processo di valutazione e progettazione nell’ambito dell’approccio ingegneristico alla sicurezza antincendio. Si applica a insediamenti di tipo complesso o a tecnologia avanzata e in edifici di particolare rilevanza architettonica e/o costruttiva.

  • Edifici pregevoli per arte o storia.
  • Edifici ubicati in ambiti urbanistici di particolare specificità̀ .

Successivamente è stato chiarito che tale indicazione non deve essere intesa in senso limitativo, ma  vuole  indirizzare  l’uso  dello  strumento  prestazionale,  più  sofisticato  e  raffinato  e  quindi  più complesso e costoso, per la progettazione di attività per le quali può essere maggiormente valorizzato. Viene introdotto l’obbligo aggiuntivo di elaborare il programma per l’attuazione del sistema di gestione della sicurezza antincendio (SGSA). 

Successivamente è stata inserita nella Sezione M del “Codice di prevenzione incendi” di cui al

D.M. 3 agosto 2015, in vigore dal 18/11/2015:

  • M1_Metodologia
  • M2_Scenari di incendio
  • M3_Salvaguardia della vita

A cosa serve la soluzione alternativa?

L’approccio alternativo consente una valutazione quantitativa del livello di sicurezza antincendio rispetto a prestabilite soglie prestazionali e prende come riferimento, ipotizzati scenari d’incendio ritenuti  ragionevolmente  credibili.  L’effetto di  ogni  misura  alternativa  può̀  essere  quantificato  e valutato attraverso l’uso di modelli rispetto a valori minimi delle prestazioni richieste. Si ha quindi un maggiore controllo del rapporto rischi/misure di sicurezza.

Col metodo FSE si possono risolvere due tipologie di problemi:

  • SALVAGUARDIA DELLA VITA: Problema pre-flashover, dipende essenzialmente dal movimento di fumi e calore nell'edificio ed è legato in prima approssimazione all'HRR ed alla qualità del focolare.
  • STABILITÀ STRUTTURALE: Problema post-flashover, dipende essenzialmente dal cimento termico della struttura ossia, dall'energia prodotta dall'incendio (carico d'incendio) e dalle condizioni di ventilazione.

Con la FSE e l’applicazione dell’approccio prestazionale, sarà possibile valutare:

  • Il fenomeno dello sviluppo delle fiamme;
  • la propagazione e la dispersione dei fumi;
  • Il corretto funzionamento dei sistemi di rilevazione, allarme ed estinzione presenti nella struttura;
  • Elementi strutturali e la compartimentazione alle alte temperature.



Modelli matematici

“La FSE è un progetto cucito addosso la struttura”

L’evoluzione dell’incendio nel tempo e nello spazio può essere determinata adoperando un’ampia varietà di modelli di calcolo: modello di campo FDS (simulatore dinamico degli effetti del fuoco, sviluppato e distribuito con la formula del pubblico dominio dal NIST (www.nist.gov). I modelli computazionali più utilizzati sono i modelli a zone e i modelli di campo.

(vedi articolo di 02/2024 su FDS https://www.pro-fire.org/articoli-tecnici/399-simulatore-fds-per-la-fire-safety-engineering-2 

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Lo studio della FSE

l Codice, al capitolo M.1.2, specifica che l’approccio prestazionale si suddivide in due fasi:

Analisi preliminare: Individuazione delle condizioni più rappresentative di rischio dell’attività e i livelli di prestazione cui riferirsi in relazione agli obiettivi di sicurezza da perseguire. Una fase nella quale vengono esplicitati i passi che portano a fissare le principali condizioni di rischio al quale l’attività è soggetta;

Analisi quantitativa: fase nella quale, mediante l’utilizzo di modelli di calcolo, vengono eseguite analisi quali-quantitative degli effetti dell’incendio mettendoli in relazione con gli obiettivi da perseguire. I risultati ottenuti verranno confrontati con le soglie di prestazione già acquisite permettendo la definizione del progetto sarà sottoposto ad approvazione definitiva.



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Le fasi

Analisi Preliminare:

Il professionista antincendio identifica e documenta i principali aspetti del progetto:

  1. destinazione d'uso dell’attività̀ ;
  2. caratteristiche degli occupanti in relazione alla tipologia di edificio ed alla destinazione d’uso prevista.
  3. eventuali vincoli progettuali derivanti da previsioni normative o da esigenze peculiari dell’attività;
  4. finalità̀  della progettazione antincendio prestazionale;

Successivamente si identificati ed esplicitati gli obiettivi di sicurezza antincendio in conformità alle vigenti disposizioni in materia di prevenzione incendi ed in relazione alle specifiche esigenze dell’attività in esame, ivi compresa la sicurezza delle squadre di soccorso.

In relazione agli obiettivi di sicurezza individuati, il progettista deve indicare quali sono i parametri significativi presi a riferimento per garantire il soddisfacimento degli stessi obiettivi. Gli obiettivi antincendio vengono tradotti in soglie di prestazione rispetto alle quali operare una valutazione quantitativa del livello di sicurezza antincendio. Tali soglie di prestazione devono poter essere utilizzate nella seconda fase della progettazione per discriminare in modo oggettivo le soluzioni progettuali che soddisfano gli obiettivi antincendio da quelle che invece non raggiungono le prestazioni richieste.

 

 

Infine, tramite lo sviluppo e l’individuazione degli scenari di incendio che vengono:

  • Identificati
  • Selezionati
  • Quantificati

Il professionista antincendio deve specificare se lo scenario d’incendio ipotizzato sia relativo ad una condizione di pre-flashover oppure ad una condizione di post-flashover, a seconda dell’obiettivo da raggiungere.

Analisi Quantitativa:

l professionista antincendio elabora una o più̀  soluzioni progettuali per l'attività̀ , congruenti con le finalità̀  da sottoporre alla successiva verifica di soddisfacimento degli obiettivi di sicurezza antincendio. In questa fase il professionista antincendio calcola gli effetti che gli scenari d'incendio di progetto determinerebbero nell'attività̀  per ciascuna soluzione progettuale elaborata.

A tal fine il professionista antincendio impiega un modello di calcolo analitico o numerico: l’applicazione del modello fornisce i risultati quantitativi che consentono di descrivere l’evoluzione dell’incendio e dei suoi effetti sulle strutture, sugli occupanti o sull'ambiente, secondo le finalità̀  della progettazione.

Ottenuti i risultati della modellazione, si verifica il rispetto delle soglie di prestazione per le soluzioni progettuali per ciascuno scenario d'incendio di progetto. Le soluzioni progettuali che non rispettano tutte le soglie di prestazione per ogni scenario di incendio di progetto devono essere scartate.

Scenari di incendio

Gli scenari di incendio rappresentano la schematizzazione degli eventi che possono ragionevolmente verificarsi nell'attività̀  in relazione alle caratteristiche di:

  • INCENDIO (FOCOLARE)
  • ATTIVITA’(EDIFICIO)
  • OCCUPANTI

Si  identificano  tutti  i  possibili  scenari  d’incendio  che  possono  svilupparsi  durante  la  vita  utile  dell’attività̀ , considerando tutte le condizioni di esercizio ragionevolmente prevedibili e si sviluppa successivamente uno specifico albero degli eventi a partire da ogni evento iniziatore pertinente e credibile.

Volendo schematizzare:

  1. Identificazione configurazioni, allestimenti, layout,
  2. Sviluppo albero degli eventi qualitativo o quantitativo,
  3. Caratteristiche dell’incendio, attività e occupanti,
  4. Scenario pre/post flashover,
  5. Analisi storica dell’incendio: iniziazione, propagazione, impianti, azioni e occupanti (e squadre di soccorso).

Le soluzioni progettuali, nel rispetto delle soglie di prestazione richieste nell’ambito degli scenari d’incendio di progetto, garantiscono lo stesso grado di sicurezza anche nei confronti di tutti gli altri scenari d’incendio.

(NB. La selezione degli scenari d’incendio non dispone di un quadro normativo nazionale a cui fare riferimento. La NFPA 101 elenca scenari a cui si può fare riferimento).

Una volta definiti gli obiettivi della progettazione, si definisce la durata minima degli scenari: dall’evento iniziatore fino al momento in cui tutti gli occupanti dell’attività raggiungono o permangono in un luogo sicuro, oppure, dall’evento iniziatore fino all’arresto dell’analisi strutturale in fase di raffreddamento al momento in cui gli effetti dell’incendio sono ritenuti non significativi.



Valutazione delle soluzioni progettuali

STIMA DELLA CURVA RHR


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La curva RHR si pone come uno dei modelli di descrizione disponibili attualmente dell’evoluzione temporale di una caratteristica rappresentativa di un incendio (la potenza) in determinate condizioni.



VALUTAZIONE DEL RISCHIO INCENDIO

(paragrafo G.2.6.1 dell’allegato al D.M. 18/10/2019)

Per ciascun compartimento antincendio in cui si articola l’attività soggetta ai controlli di prevenzione incendi, ai sensi del D.P.R. 151/2011, bisogna eseguire una specifica analisi sulle più severe ma credibili ipotesi d’incendio e procedere alla:

  1. individuazione dei pericoli d’incendio (sorgenti d’innesco, carico incendio, formazione atmosfere esplosive, ecc.);
  2. descrizione del contesto e dell’ambiente nei quali i pericoli sono inseriti (condizioni di accessibilità e viabilità, caratteristiche degli edifici, superfici, altezza, isolamento, superficie di ventilazione utile allo smaltimento di fumi e di calore, ecc.);
  3. determinazione di quantità e tipologia degli occupanti esposti al rischio d’incendio (affollamento, anziani, ecc.);
  4. individuazione dei beni esposti al rischio d’incendio (prodotto finito, macchinari, ecc.);
  5. valutazione qualitativa o quantitativa delle conseguenze dell’incendio su occupanti, beni ed ambiente (effetti sull’organismo umano, danni a recettori sensibili, ecc.);
  6. individuazione delle misure preventive che possano rimuovere o ridurre i pericoli che determinano rischi significativi (divieti, controlli, ecc.).

 

ATTRIBUZIONE DEI PROFILI DI RISCHIO

(paragrafo G.2.6.2 dell’allegato al D.M. 18/10/2019)

  • Rvita, profilo di rischio relativo alla salvaguardia della vita umana;

  • Rbeni, profilo di rischio relativo alla salvaguardia dei beni economici;

  • Rambiente, profilo di rischio relativo alla tutela dell’ambiente dagli effetti dell’incendio.

 

PROFILO DI RISCHIO Rvita



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PROFILO DI RISCHIO Rvita


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STRATEGIA ANTINCENDIO

APPLICAZIONE DI TUTTE LE MISURE ANTINCENDIO

(paragrafo G.2.6.3 dell’allegato al D.M. 18/10/2019)

  1. Reazione al fuoco;
  2. Resistenza al fuoco;
  3. Compartimentazione;
  4. Esodo;
  5. Gestione della sicurezza antincendio;
  6. Controllo dell’incendio;
  7. Rivelazione ed allarme;
  8. Controllo di fumi e calore;
  9. Operatività antincendio;
  10. Sicurezza degli impianti tecnologici e di servizio.

ATTRIBUZIONE DEI LIVELLI DI PRESTAZIONE PER CIASCUNA MISURA ANTINCENDIO

(paragrafo G.2.6.4 dell’allegato al D.M. 18/10/2019)

Strategia antincendio “Resistenza al fuoco”



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Strategia antincendio “Controllo dell’incendio”



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INDIVIDUAZIONE DELLA SOLUZIONE PROGETTUALE

(paragrafo G.2.6.5 dell’allegato al D.M. 18/10/2019)

  1. Le soluzioni progettuali conformi sono solo quelle proposte nei pertinenti paragrafi della sezione Strategia antincendio e delle regole tecniche verticali dell’allegato al D.M. 18/10/2019.
  2. Il progettista che fa ricorso alle soluzioni progettuali alternative è tenuto a dimostrare il raggiungimento del collegato livello di prestazione, impiegando uno dei metodi di progettazione della sicurezza antincendio indicati nel paragrafo G.2.7.
  3. soluzioni in deroga.

Nella quasi totalità dei casi, quando il professionista antincendio adotta una soluzione progettuale alternativa, per dimostrare il raggiungimento del livello di prestazione, impiega il metodo dell’ingegneria della sicurezza antincendio.

Sono numerosi i casi in cui, tramite la corretta applicazione del metodo dell’ingegneria della sicurezza antincendio, per il raggiungimento degli obiettivi di sicurezza antincendio stabiliti dalle vigenti diposizioni legislative, si consegue una razionalizzazione delle risorse disponibili con notevole risparmio degli investimenti da dedicare per conseguire una efficace sicurezza antincendio in un’attività soggetta ai controlli di prevenzione incendi ai sensi del decreto Presidente della Repubblica 01/08/2011 n° 151.

Nel seguito si indicano alcuni casi fra i più ricorrenti:

    

ESEMPIO 1 – STRATEGIA ANTINCENDIO CAPITOLO S.2

DELL’ALLEGATO AL D.M. 18/10/2019 – RESISTENZA AL FUOCO

Deposito isolato di materiali combustibili vari (l’opera da costruzione più vicina facente capo allo stesso responsabile dell’attività si trova a circa 30 m) con strutture in acciaio, avente superficie in pianta di 3500 m2 ed altezza massima al colmo di 10 m, posto ad una distanza minima di 6 m dal confine di proprietà e nel quale, in relazione ai quantitativi presenti ed alle misure di protezione antincendio e gestionali presenti, si realizza un valore del carico d’incendio specifico di progetto pari a 1150 MJ/m2.

ESEMPIO 2 – STRATEGIA ANTINCENDIO CAPITOLO S.3

DELL’ALLEGATO AL D.M. 18/10/2019 – COMPARTIMENTAZIONE

Edificio industriale avente superficie in pianta di 3000 m2 ed altezza massima al colmo di 11 m, che si trova sul lato ovest ad una distanza minima di 5 m da un altro edificio dello stesso complesso industriale afferente ad un unico responsabile dell’attività, dotato di aperture di ventilazione ricavate prevalentemente nella parte alta delle pareti; sul lato est, ad una distanza di 8 m dall’edificio, è presente un deposito esterno di pallet di legno che occupa una superficie in pianta di circa 300 m2. L’edificio è adibito a deposito di materiale cellulosico che, in relazione ai quantitativi presenti ed alle misure di protezione antincendio e gestionali presenti, realizza un valore del carico d’incendio specifico di progetto pari a 1250 MJ/m2.

 

ESEMPIO 3 – STRATEGIA ANTINCENDIO CAPITOLO S.4 

DELL’ALLEGATO AL D.M. 18/10/2019 – ESODO

  1. Stabilimento industriale per la lavorazione di materie plastiche avente superficie in pianta di 11500 m2 ed altezza massima al colmo di 8 m, nel quale, a causa della particolare disposizione dei macchinari facenti parte del ciclo produttivo, si ha una lunghezza massima di esodo di 80 m.
  2. Palazzina uffici a tre piani fuori terra (altezza di piano di 3 m e superficie in pianta di circa 400 m2) nella quale sono presenti complessivamente 67 persone e dotata di una sola scala aperta larga 1,20 m.

 

ESEMPIO 4 – STRATEGIA ANTINCENDIO CAPITOLO S.8

DELL’ALLEGATO AL D.M. 18/10/2019 – CONTROLLO DI FUMI E CALORE

Stabilimento industriale di lavorazione del legno avente superficie in pianta di 5500 m2 ed altezza massima al colmo di 9 m, nel quale, a causa della adiacenza ad un’attività soggetta ai controlli di prevenzione incendi di altro responsabile dell’attività, ha una disuniforme distribuzione delle aperture di smaltimento di fumo e calore d’emergenza che comporta un valore di roffset maggiore di 20 m.

 

ESEMPIO 5 – STRATEGIA ANTINCENDIO CAPITOLO S.1 

DELL’ALLEGATO AL D.M. 18/10/2019 – REAZIONE AL FUOCO

Attività ricettiva a quattro piani fuori terra nella quale sono stati installati dei materiali che non hanno i requisiti minimi di reazione al fuoco richiesti per una soluzione progettuale conforme.

Conclusioni

Problemi di edifici con geometrie complesse, presenza di vincoli storico-architettonici, lay-out industriali critici, quantitativi di materiale combustibile importanti, possono trovare una soluzione “su misura” analizzando lo scenario d’incendio reale, per tarare le misure di sicurezza antincendio più adeguate al livello di rischio presente. Questo approccio risulta come un vestito “cucito” addosso la struttura di riferimento in quanto permette di trattare diversi fenomeni che spaziano tra le fasi dello sviluppo di un incendio che potrà realmente verificarsi all’interno della struttura trattata, ma anche il successivo comportamento della struttura portante durante il processo di evoluzione del fenomeno.


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Riferimenti Bibliografici/Sitografici: